Tiziano, Maddalena penitente, 1533; olio su tela, 85x68cm cm. Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
Tiziano, Maddalena penitente, 1550-1560; olio su tela, 128×103cm; Napoli, Museo di Capodimonte
Il veneziano scrittore, pittore e incisore Marco Boschini nel 1674 scriveva:
“Tiziano veramente è stato il più eccellente di quanti hanno dipinto: poiché i suoi pennelli sempre partorivano espressioni di vita.”
Tiziano nasce tra le montagne a Pieve di Cadore, in provincia di Belluno tra il 1488 e il 1490. È uomo estroverso ed instancabile lavoratore. La sua carriera è trionfale e la vita di lunga durata. La morte lo sopraggiunge quando ha già da un po’ superato l’incredibile età di ottant’anni.
Ancora molto giovane abbandona la “magnifica comunità cadorina” per ricevere un’adeguata istruzione pittorica. Giunge così a Venezia, dove i sui primi maestri rispondono ai nomi di Gentile e Giovanni Bellini.
Tra il 1508 e il 1509 è al fianco del pittore Giorgione nella realizzazione del Fondaco dei Tedeschi e solo un anno più tardi la sua fama è già consolidata tanto da ricevere commissioni importanti, basti pensare alla Pala di san Marco per la chiesa Santa Maria della Salute a Venezia. Nel 1511 affresca la Scuola del Santo a Padova e, ottenuta dal Consiglio dei Dieci una rendita ufficiale destinata agli artisti migliori, nel 1533 diventa pittore ufficiale della Repubblica di Venezia. La sua attività è frenetica: accetta molte commissioni da parte della nobiltà contemporanea realizzando parecchie opere anche a soggetto profano.
Nel 1516 Alfonso I d’Este richiede i suoi servigi e nel 1518 gli commissiona a Ferrara la decorazione del “camerino d’alabastro”, lo studiolo privato del duca. Tra il 1516 e il 1526 dipinge la Pala dell’Assunta e la Pala Pesaro per la Basilica dei Frari a Venezia, segue il Polittico Averoldi per la chiesa bresciana dei Santi Nazaro e Celso.
Ormai osannato come il più celebre pittore del tempo, Tiziano è conteso tra le corti italiane: lavora a Mantova per i Gonzaga e ad Urbino per i duchi. Nel 1542 ha inizio la sua collaborazione con papa Paolo III e con la sua famiglia; ben presto si trasferisce a Roma e qui rimane fino al 1546. Nel contempo, la sua apprezzata attività di ritrattista procede ed egli ha l’occasione di ritrarre Carlo V durante la sua incoronazione nel 1530. È così che l’imperatore e suo figlio Filippo II, futuro re di Spagna, ne fanno il loro pittore prediletto. Tiziano lavora per anni al servizio della famiglia asburgica. Muore il 27 agosto del 1576, mentre infuria la peste, lasciando incompiuta l’opera che avrebbe desiderato venisse posta sulla sua tomba: la “Pietà”.
Una breve biografia che non contempla ancora i dissidi, le invidie e le competizioni che Tiziano seppe mettere a punto tra i suoi contemporanei. Determinato, facoltoso e spregiudicato per certi aspetti, molte delle vicende che lo vedono coinvolto si connotano di giallo (vedasi le avversità con Lorenzo Lotto e il Pordenone).
Tiziano dimostra comunque di conoscere l’opera romana di Michelangelo e Raffaello.
Al riguardo l’artista francese ottocentesco Eugène Delacroix ha scritto: “Tiziano, ecco un uomo fatto per essere apprezzato da chi diventa vecchio […]. Le qualità del pittore sono portate in lui al punto più alto: ciò che fa è fatto: gli occhi guardano e sono animati dal fuoco della vita. La vita e la ragione sono ovunque”.
Ed eccoci a…
La Maddalena, soggetto e opera del Tiziano molto amata, fu copiatissima nell’Ottocento.
In foto vediamo due versioni:
Tiziano, Maddalena penitente, 1533; olio su tela, 85x68cm cm. Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
Tiziano, Maddalena penitente, 1550-1560; olio su tela, 128×103cm; Napoli, Museo di Capodimonte
Maria Maddalena, dopo Maria la Madre di Gesù, è sicuramente la donna più famosa dei Vangeli. I dati certi che ci offrono i quattro Vangeli canonici la vedono protagonista al momento della crocifissione, della sepoltura, e al mattino di Pasqua, presso il sepolcro, come prima testimone della risurrezione di Gesù. È lei infatti che avverte del sepolcro vuoto i discepoli, da qui l’appellativo che ha ricevuto, quello di «apostolo degli apostoli».
L’ultimo dato sicuro che ci offre il vangelo riguardo a Maria Maddalena è che seguiva Gesù come discepola e l’assisteva con i suoi beni, grata della liberazione ricevuta, giacché da lei «erano usciti sette demoni» (Lc 8,2-3).
Quest’ultima informazione è quella che ha generato nella storia dell’interpretazione dei testi alcune ipotesi di identificazione con altre donne citate nei Vangeli. Il fatto che Maria Maddalena – il nome deriva dalla località di origine presso il lago di Galilea, Magdala – fosse stata liberata dai demoni ha portato ad identificarla con altre famose «peccatrici» dei Vangeli.
Nella storia poi, tramite scritti apocrifi, tradizioni e leggende, su Maria Maddalena sono state riversate diverse figure, identificazioni, immagini. Il passo da «liberata da sette demoni» a peccatrice e verosimilmente prostituta. Fu fedele discepola di Gesù, prima testimone spirituale e prescelta nell’assistere al miracolo della Resurrezione del Maestro.
Tiziano dipinse la sua prima Maddalena intorno al 1531. Il pittore non era nuovo a questo soggetto vista la fortuna che ebbe tra i suoi contemporanei. Il dipinto a sinistra è la Maddalena penitente attualmente conservata presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.
La figura di santa Maria Maddalena era molto cara come immagine di vero amore per Cristo e di sincera penitenza. Secondo lo schema classico, una buona raffigurazione della Maddalena doveva contenere tre elementi: l’estetico, rappresentato dalla bellezza femminile, il penitenziale, generalmente il paesaggio austero, e l’estatico. Questo dipinto viene elogiato per “la capacità dell’artista di conservare in tale nudità anche un onesto pudore”; in effetti, lo sguardo dello spettatore è immediatamente attratto dal volto rapito in estasi della santa. La nudità, tuttavia, è anche riconducibile alla sfera della simbologia religiosa, in quanto simbolo di purezza: un’anima pura non ha infatti né timore né vergogna di mostrarsi completamente a Dio.
Su uno sfondo scuro, una meravigliosa donna dagli occhi lacrimosi cerca di coprire le proprie nudità con una massa di capelli fulvi. Il pittore evoca i moti interiori dell’anima della Maddalena con grazia e sensibilità, immortalando le loro manifestazioni in forma visiva.
Tiziano ideò un’iconografia nuova, ricca di un fascino erotico audace, destinata a un grande successo. Maria Maddalena sta rivolgendo gli occhi al cielo con devozione e nel mentre cerca di coprire la propria prorompente nudità con i lunghi capelli rossi. Questa si distingue per il suo sottile erotismo: i capelli lunghi e mossi vengono infatti usati dalla santa per coprirsi il corpo, ma il seno è lasciato completamente alla vista, e il gesto della Maddalena, attraverso cui la santa si offre a Dio, tant’è che ha lo sguardo rivolto verso il cielo, sembra allo stesso tempo rivolgersi anche all’osservatore con lieve sensualità e riecheggiando simili gesti di Veneri dell’antichità. Questa sensualità si deve al fatto che l’opera era stata realizzata per un committente privato: un’opera pubblica non avrebbe potuto certo presentarsi così, al tempo. Da notare la grande abilità con cui Tiziano realizza i capelli: la luce si riflette su di essi facendoli apparire davvero realistici e dandoci quasi la sensazione di poterli toccare.
Sullo sfondo un cielo plumbeo e della boscaglia… la Maddalena è ritratta a mezza figura vicino all’ampolla degli unguenti che la fa riconoscere inequivocabilmente come la santa. Essa, dalla bellezza prorompente che è stata definita “pre-rubensiana“, guarda il cielo con un fervente sguardo e si copre con i lunghissimi capelli biondi, ondulati e setosi, il corpo nudo. Ma, più che coprirla, i capelli ne esaltano la sensualità, poiché fanno emergere i due seni nudi perfettamente sferici. Si tratta quindi sicuramente di un’opera per un colto committente privato, probabilmente tenuta coperta o in stanze dall’accesso selezionato.
Si tratta di quella giovane donna che piange pentita ai piedi del Redentore. Piedi che poi asciuga con i lunghi capelli e profuma con un unguento prezioso. E’ una figura satura di femminilità, che Tiziano descrive con una pennellata densa e pastosa dalle tonalità calde, evidenziando gli occhi intrisi da lacrime cristalline e il meraviglioso manto di capelli biondo ramati sparsi a coprire la nudità dei seni palpitanti – è nuda perché risoluta a spogliarsi di tutto il suo passato.
Il brano pittorico più stupefacente sono senz’altro i capelli, che hanno una consistenza reale e lucente, mai rappresentati con tanta verosimiglianza materica: non a caso c’è chi parla del “biondo Tiziano” come di un riconoscibile marchio di fabbrica. La libertà del tocco prevale sulla precisione del disegno, secondo una tecnica portata avanti dai veneziani, e che, nella fase tarda della sua carriera, sarà portata da Tiziano alle conseguenze estreme.
Accanto alla santa troviamo il vaso di unguento, tipico della sua iconografia in quanto ricorda il celebre episodio evangelico durante la quale la Maddalena cosparse di unguento i piedi di Gesù. “TITIANUS” sul profilo dell’imboccatura del vasetto in basso a sinistra è la firma apportata dal pittore.
La donna che Tiziano qui raffigura è la prostituta pentita, la Maddalena dal passato turbolento che va a casa di Simone il fariseo per chiedere perdono a Gesù.
Chi posò per questo dipinto? Probabilmente posò per il pittore una qualche cortigiana veneziana, come molte ve ne furono nel Cinquecento. Quest’immagine, che racchiude al tempo stesso l’idea della peccatrice e della penitente, fu presa a modello da molte cortigiane pentitesi e convertite.
L’opera nel 1568 è citata da Giorgio Vasari nel guardaroba del duca di Urbino, dunque è ipotizzabile che l’opera sia stata eseguita per il duca Francesco Maria I della Rovere, che svolse anche l’incarico di comandante generale delle Milizie Venete, ed è quindi probabile che abbia commissionato l’opera all’artista direttamente a Venezia. Tuttavia c’è anche chi non concorda con questa lettura: verso la metà del 1900, infatti, lo storico dell’arte Hans Tietze, ha proposto di identificare questo dipinto con un’opera chiesta nel 1531 a Tiziano da parte di Federico Gonzaga per farne dono alla poetessa Vittoria Colonna. In ogni caso, tutti concordano per il dipinto su una datazione compresa tra il 1530 e il 1535. L’opera è presente a Palazzo Pitti fin dal 1723. Arrivò a Firenze nel 1631 insieme all’eredità di Vittoria della Rovere, moglie di Ferdinando II de’ Medici.
Vasari nelle sue Vite ci racconta a proposito di quest’ opera: “Dopo fece Tiziano, per mandare al re Cattolico, una figura da mezza coscia in su d’una Santa Maria Madalena scapigliata, cioè con i capelli che le cascano sopra le spalle, intorno alla gola e sopra il petto, mentre ella, alzando la testa con gl’occhi fissi al cielo, mostra compunzione nel rossore degl’occhi, e nelle lacrime dogliezza de’ peccati: onde muove questa pittura, chiunche la guarda, estremamente; e, che è più, ancorché sia bellissima, non muove a lascivia, ma a comiserazione [excusatio non petita]. Questa pittura, finita che fu, piacque tanto a Silvio [Badoer], gentiluomo viniziano, che donò a Tiziano, per averla, cento scudi, come quelli che si diletta sommamente delle pittura; là dove Tiziano fu forzato farne un’altra, che non fu men bella, per mandarla al detto re Catolico”.
Passiamo ora al dipinto a destra…
Questa Maddalena penitente è la versione conservata a Napoli presso il Museo di Capodimonte ed è altreattanto una delle più belle versione tra le donne nate dal pennello di Tiziano. L’artista la inviò al cardinale Alessandro Farnese nel 1567, ma quasi certamente la dipinse agli inizi degli anni Cinquanta. Maddalena qui non è più nuda, ma si copre con una stoffa, evidentemente di fattura mediorientale, semplice quanto elegante, e con un panno bianco, che non riesce tuttavia a nascondere del tutto le forme. Alza gli occhi al cielo e invoca il perdono, la peccatrice redenta, ma mentre disperata cerca la strada per l’ascetismo, si vede che ancora non è riuscita a sopire completamente la propria umana sensualità. Il paesaggio attorno, reso con una pennellata sempre più sciolta e veloce, partecipa a questo dissidio, vibra nella contraddizione tra l’energia spirituale e la calda materia.
La parte più scura sullo sfondo, a sinistra, è, come voleva l’iconografia della Maddalena Penitente, l’entrata della caverna in cui la donna praticò il proprio eremitaggio.
Il fatto che Tiziano abbia deciso di realizzare una Maddalena priva dell’erotismo di quella dipinta circa vent’anni prima, si deve probabilmente al fatto che ci troviamo, ammettendo la realizzazione negli anni Cinquanta, nel pieno svolgimento del Concilio di Trento, che aveva portato un’ondata di severo moralismo in tutti gli aspetti della vita quotidiana, e quindi anche nell’arte.
La posa è la stessa, con la santa che si rivolge direttamente a Dio alzando lo sguardo verso il cielo e toccandosi una spalla con la mano destra: questa volta, però, la santa è abbigliata, con una veste molto semplice, bianca e a righe. Rispetto alla versione precedente, inoltre, Tiziano pone più l’accento sul tema della penitenza. Se infatti il vaso di unguento era l’unico attributo che prima emergeva dall’atmosfera cupa in cui la Maddalena era grande e unica protagonista, ecco che, in questa versione, Tiziano propone una figura con le braccia incrociate sul petto. La Maddalena viene presentata in un momento di pentimento per la sua precedente vita. All’altezza del suo grembo dispone un libro di preghiere, è un momento di riflessione spirituale. Al di sotto del libro un teschio, simbolo di morte e di necessità di pentimento. Tiziano traccia le suture del cranio, mentre parte del libro si appoggia. Nell’angolo a sinistra un vasetto di unguenti. Cadono riccioli biondi che si convertono a ciocche dorate che catturano la luce.
Lei piange davanti a noi, mossa dal pentimento e dall’anaelito spirituale. Le lacrime scendono, Tiziano utilizza della vernice bianca. E affinchè non ci dimenticassimo di lui, la firma in basso a sinistra: Titianus P. dove la “P.”sta per “pinxit”, quindi “dipinto da Tiziano”. Inizialmente Tiziano aveva apportato la sua firma in lettere più piccole: a partire dal retro della”A” e fino alla “P”. Siamo dinanzi ad un pentimento audace atto ad affermare la propria inconfondibile identità, la propria mano.
Gli azzurri intensi e le nuvole spesse del paesaggio sono un meraviglioso esempio dell’ultima fase pittorica di Tiziano: come scrisse un contemporaneo che ebbe modo di vederlo all’opera, il pittore cominciò a usare pennelli “grossi come scopa di strega”, addirittura a dipingere direttamente sulla tela con le dita.
Fu questa l’opera che il pittore inviò nel 1567 al cardinale Alessandro Farnese? Non è tuttavia pienamente attendibile questa informazione in quanto esistono altre redazioni del dipinto.
Maria Maddalena dipinta a mezzobusto in un paesaggio è un’invenzione di Tiziano destinata a un grande successo e a una straordinaria diffusione, tanto che il primo modello dipinto nel 1531 sarà ripetuto fino agli anni ’60 con repliche e varianti. Committenti, destinatari e supporter sono i grandi nomi dell’epoca: Federico Gonzaga, Alfonso d’Avalos, Vittoria Colonna, Isabella d’Este, Alessandro Farnese, Pietro Aretino e Filippo II, per citarne alcuni.
Probabilmente le Maddalene conservate all’Ermitage, a Capodimonte, a Stoccarda e quella della collezione Candiani sono quattro opere autografe.
Le dimensioni ridotte delle diverse realizzazioni, il contrasto tra la fisicità del corpo e il volto, che emana pentimento e dolore, ne fanno un genere dalla duplice funzione, sia devozionale che politica. Venivano usate dai donatori con il carattere della supplica e dell’intercessione. Neppure Tiziano vi si sottrasse e mandò in dono a Filippo II una sua Maria Maddalena accentuandone le lacrime per chiedere la riscossione di un credito di ben duecento scudi con la motivazione di dover far fronte a “li bisogni del suo devotissimo servo”.
E per curiosità…
Nel novembre 2003 a Venezia si è svolta l’aggiudicazione record per una “Maddalena penitente” di Tiziano in occasione della messa all’incanto nella tornata d’aste organizzata dalla Semenzato nell’Abbazia di San Gregorio.
Il dipinto – una delle molte repliche tizianesche del motivo della Maddalena, simile all’esemplare attualmente conservato all’Ermitage di Leningrado – è stato acquistato al telefono da un collezionista italiano, un ingegnere con la passione dell’arte, che ha desiderato mantenere l’anonimato, al prezzo di 3 milioni 382 mila 750 euro, poco meno di 7 miliardi delle vecchie lire.
Un’asta emozionante, durata circa un quarto d’ora, tra quattro contendenti, fino a quando l’ultimo competitore del dipinto di Tiziano non si è arreso.
E le donne di Tiziano?
Non sappiamo quale donna posò per la Maddalena penitente…
Per Tiziano le donne furono più ancoraggio che tempesta: un’ancora di salvezza, un’assicurazione sulla tranquillità della vita, un porto sicuro nel quale rifugiarsi dopo i viaggi nel gran mondo. Non si conoscono sfrenatezze né frenesie del Tiziano. Non passioni, ma affetti. Non furono le sfrenatezze di Pietro Aretino, e nemmeno le allegre baldorie di un Sansovino, amici cari di gran cervello e gran arte che pur gli riempivano la casa di cortigiane. Chissà se anche il divin pittore ebbe gran storie sentimentali. In ogni caso non lo diede mai a vedere. Qualche chiacchiera, quella sì, per questa o quella modella, niente di più.
Le donne del Tiziano sono madri e figlie. Sono mogli. Servizievoli, pazienti, modeste. Sì, sono anche cortigiane che fanno compagnia alla compagnia. Lui forse le sbaciucchia un po’ ma non risulta proprio che allunghi le mani. E poi le sue donne sono le committenti, ritratte talvolta nella loro nudità fisica… Sono anche le modelle, che il Tiziano aveva disponibili in abbondanza, ma sulle quali mantenne sempre una professionalissima riservatezza.
Pettegolezzi poco più che nulli per i posteri. Il pittore cadorino preferì licenziarci di immaginazione lasciandoci la mera visione pittorica delle donne che da lui si fecero ritrarre.
Foto:
per la versione di Firenze: https://it.wikipedia.org/wiki/Maddalena_penitente_(Tiziano_Firenze)#/media/File:Magdalena_penitente,_por_Tiziano.jpg
per la versione di Capodimonte: https://www.wikidata.org/wiki/Q4448822#/media/File:Tizian_009.jpg
Ascolta l’audio sul canale YOU TUBE https://www.youtube.com/watch?v=KC1sc9hGJKU