Sandro Botticelli, Primavera, 1478-1482; tempera su tavola, 203x314cm; Firenze, Galleria degli Uffizi
Il grande capolavoro di Sandro Botticelli, la Primavera, rappresenta la fama e la bellezza nella produzione dell’artista. L’opera è ritenuta l’emblema della pittura fiorentina di età laurenziana.
Età laurenziana, perché?
L’opera è datata tra il 1482 e il 1485 e fu eseguita per Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici (1463-1503), cugino in secondo grado del Magnifico. Rimasta a lungo nelle collezioni medicee, l’opera fu trasferita presso le Gallerie dell’Accademia di Firenze e, nel 1919, agli Uffizi.
A dare il titolo all’opera fu Giorgio Vasari (autore delle prime biografie degli artisti italiani del Rinascimento) ….. La Primavera …Gli studiosi considerano l’opera un’allegoria del regno di Venere raffigurato secondo l’iconografia neoplatonica del filosofo Marsilio Ficino. Dobbiamo ricordare, infatti, che intorno alla Corte dei Medici si erano raccolti alcuni intellettuali che condividevano le idee del filosofo e del poeta Poliziano. In generale, la riscoperta del mondo classico, portò anche gli artisti di corte, in particolare come Sandro Botticelli, ad interpretare i miti greci e romani con forme a loro contemporanee.
La Primavera presenta nove personaggi. Due figure maschili ai lati, sei figure femminili al centro, di cui una posta in particolare risalto, e un putto alato.
Secondo l’interpretazione più accreditata, la figura al centro è Venere, dea dell’amore, sovrastata dal figlio Cupido che volteggia bendato; è lui che scaglia i suoi dardi infuocati che fanno innamorare gli uomini. È la Venus Humanitas che suscita passioni terrene nelle persone e le trasforma in attività contemplativa. (Più di recente, in questa figura è stata invece riconosciuta Giunone incinta di Marte).
A destra c’è Zefiro, personificazione del vento primaverile. È lui che raggiunge, abbraccia e guida la ninfa Cloris ; a causa della loro unione/congiunzione, la ninfa si trasforma in Flora, cioè nella Primavera. É lei che inizia a emettere fiori dalla bocca, si veste interamente di fiori e sparge le rose raccolte sul grembo.
A sinistra, le tre figure femminili che danzano tenendosi per mano potrebbero essere le Grazie, dee della bellezza e della grazia nonché compagne di Venere, di Apollo e delle muse, oppure potrebbero essere identificate come le Ore, divinità al seguito di Venere; coperte di veli trasparenti, indossano gioielli raffinatissimi, che richiamano la formazione da orafo del maestro Botticelli.
All’ estrema sinistra della composizione, Mercurio difende la magica perfezione di quel giardino; alza il braccio destro e con il caduceo tocca le nuvole allontanandole con il suo bastone alato.
Lo spazio alle spalle dei personaggi è dominato da un fitto boschetto di aranci, fioriti e carichi di frutti. Gli alberi sono collocati in fila e quasi tutti sullo stesso piano. Dietro la figura di Venere si riconosce una pianta di mirto. In basso, si distende un ampio prato dove gli studiosi hanno contato 190 diverse piante fiorite, identificandone 138. L’artista probabilmente si documentò con erbari e dipinse fiori ed erbe con maniacale attenzione. In generale, si rintracciano fiori tipici della campagna fiorentina che sbocciano fra marzo e maggio.
Botticelli non era interessato a proporre una scena dal sapore realistico. Eppure i particolari sono resi attentamente come in una pittura fiamminga e con la minuzia orafa. L’insieme dell’opera appare idealizzato. I personaggi presentano forme allungate e flessuose, si atteggiano con pose eleganti quasi aristocratiche ; camminano e paiono sollevarsi sul prato leggiadre quasi a passi di una danza sospesa, perdono peso e paiono calpestare l’erba e i fiori. Qui non siamo davanti ad una realtà rappresentata, ma ad una dimensione aulica.
Lo spazio è privo di profondità. Il prato non è segnato da ombre: da dove proviene la luce? Si tratta di una diffusione luministica permanente e costante.
Il disegno è evidente, eppure siamo in leggiadra sospensione.
La Primavera è un quadro complesso, denso di riferimenti letterari e filosofici, chiaramente destinato a un pubblico elitario e coltissimo. Ancora oggi siamo alla ricerca di letture interpretative, eppure nessuna si mostra risolutiva.
Abbiamo una lettura per il committente dove ZEFIRO, CLORI, FLORA richiamerebbero l’Amore Carnale; VENERE è identificata nell’ amata Fioretta Gorini, per Giuliano de’ Medici l’espressione dell’Amore Universale; le TRE GRAZIE (al centro) abbracciano l’ Amore Spirituale; e infine, MERCURIO identificherebbe la figura di Lorenzo di Pierfrancesco.
Abbiamo una lettura storica dove ogni figura è l’identificazione di un dominio della casata dei Medici: FLORA è la personificazione di Florentia (Firenze), ZEFIRO è Borea (Bolzano), VENERE è Venezia, CUPIDO è Amor (Roma), le TRE GRAZIE incarnano i possedimenti di Pisa, Napoli, Genova e MERCURIO è la forza economica e politica di Milano.
Abbiamo una lettura filosofica tratta dalle fonti di Ovidio e Poliziano nella quale ZEFIRO, CLORI, FLORA sono l’allegoria della Primavera come forza rigenerante; VENERE è l’ allegoria delle attività spirituali dell’uomo mentre CUPIDO si fa’ fautore dell’avvio di di queste forze. Le TRE GRAZIE guardano alle espressioni di Voluttà, Castità, Bellezza e poi chiude MERCURIO sinonimo della ragione, delle azioni dell’uomo.
Foto:
https://it.wikipedia.org/wiki/Primavera_(Botticelli)#/media/File:Botticelli-primavera.jpg