
Femmes 1900
Maggio 14, 2019
Andrea Mantegna “la nuova visione”
Aprile 12, 2020Raffaello “quel divin pittore”

Raffaello Sanzio, Trasporto di Cristo al sepolcro (scomparto centrale Pala Baglioni), 1507; olio su tavola 184x176cm; Roma, Galleria Borghese
Dove altri pittori precedenti e contemporanei, quando si sono trovati a rappresentare questo preciso istante della storia di Cristo, hanno scelto sempre o la deposizione o il seppellimento, Raffaello, invece, decide di rappresentare un momento “intermedio”, difficile da definire.
Sulla destra possiamo vedere il monte Calvario, dove Cristo è stato crocifisso; a sinistra, invece, c’è la grotta dove verrà deposto.
Passo del Vangelo di Giovanni 14,38-42
“[38] Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. [39]Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. [40]Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei. [41]Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. [42]Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.”
La pala d’altare, stando alle notizie riportate da Giorgio Vasari venne commissionata da Atalanta Baglioni appartenente alla celebre famiglia perugina. Il soggetto della pala centrale, la Deposizione di Cristo, (piuttosto inconsueta tanto da essere definita più come il Trasporto di Cristo al sepolcro di Raffaello), venne probabilmente dettato dalla volontà di omaggiare il figlio della donna, Grifonetto, assassinato nel corso di alcuni fatti di sangue interni alla stessa famiglia per il dominio di perugia nel 1500
Siamo agli inizi del 1500. È un secolo caratterizzato da conflitti continui: la guerra imperversa ovunque e sono tanti i condottieri che vogliono affermare il proprio potere. Anche nello stato italico i combattimenti sono all’ordine del giorno e molte truppe si danno battaglia quotidianamente, soprattutto a Perugia e Firenze.
Si tratta di centri urbani molto ricchi, caratterizzati da un commercio florido e dalla presenza di tante famiglie, pronte ad uccidersi anche all’interno delle stesse, pur di avere il dominio sull’intera città. C’è la famiglia Baglioni: loro sono tra i gruppi più potenti a Perugia. Sono molte le famiglie che li temono, e sanno che sono i Baglioni ad avere una forte influenza nella città e nelle zone circostanti.
È la notte del 3 luglio 1500. Grifonetto Baglioni, un membro della celebre famiglia, accompagnato da altri uomini che avevano deciso di eliminare la concorrenza “familiare”, hanno colto di sorpresa ed ucciso il resto della famiglia Baglioni mentre stavano dormendo. È stata una vera follia che ovviamente ha avuto delle ripercussioni: la mamma di Grifonetto, Atalanta, appena ha saputo della furia omicida di suo figlio, gli ha chiuso la porta in faccia e si è rifiutata di aiutarlo e dargli rifugio. Costretto a nascondersi da qualche altra parte (in attesa che le acque si calmassero), Grifonetto è costretto ad andare a Perugia, e con grande sorpresa, si trova davanti ai suoi occhi un sopravvissuto alla strage: Gian Paolo Baglioni.
Gian Paolo è riuscito a scappare sui tetti, facendo perdere le sue tracce agli inseguitori.
Atalanta, la madre di Grifonetto, a mente lucida si rende conto che non può abbandonare suo figlio al proprio destino, così raccoglie tutte le sue forze e gli corre dietro, pronta ad aiutarlo come meglio può. La donna, però, non riesce a raggiungere suo figlio in tempo, arrivando solo nel momento in cui Grifonetto viene ucciso nel combattimento con Gian Paolo. I vestiti insanguinati dell’uomo vennero quindi trasportati da Atalanta lungo la via pubblica, e arrivato sui gradini del Duomo ve li lasciò pronunciando solennemente: «Che questo sia l’ultimo sangue che scorre su Perugia».
Da quella sanguinosa notte, passano alcuni anni ed Atalanta ha ben impresso nella sua mente il ricordo del figlio scomparso, ed è decisa più che mai a rendergli onore, commissionando al giovane Raffaello una pala d’altare dedicata proprio a Grifonetto. Opera che contribuirà a definire Raffaello “divin pittore”.
Raffaello, molto probabilmente conosceva la vicenda di Grifonetto ed appreso il dolore della madre decide, senza esitazione, di concentrarsi al 100% su questo lavoro, con l’intento di disegnare una delle immagini di Cristo più suggestive di tutti i tempi.
La figura della Vergine nel dipinto quindi doveva rispecchiare il dolore materno della donna.
Atalanta, donna di grande personalità, proclama questo accaduto in un evento di dolore di Valore Universale, metaforico, simbolico di quello che è l’andirivieni di malvagiità e sofferenza nel quale l’episodio di questa sciagurata morte ricade. È una vicenda umana che diventa pura Trasfigurazione religiosa.
Raffaello sembra chiamato alla realizzazione di un “quadro perfetto”. Lo deduciamo dal gran numero di disegni e bozze di prova giunti sino a noi e diffusi tra i maggiori musei del mondo che testimoniano i ripensamenti e le continue modifiche che l’artista ha pensato prima di giungere alla versione finale che vediamo oggi.
Nel 1507 Raffaello non ha compiuto nemmeno 25 anni, e la cosa più straordinaria è che ha già concluso un sacco di incarichi a Perugia.
L’opera venne collocata a Perugia nella cappella della famiglia Baglioni nella chiesa di San Francesco al Prato dove si trovava già da qualche anno la Pala degli Oddi sempre di Raffaello. Il successo della pala aprì le porte di Roma a Raffaello, che l’anno dopo venne chiamato da Giulio II per la decorazione delle Stanze Vaticane.
La pala è composta dai seguenti scomparti:
- Lo scomparto centrale con la Deposizione Borghese olio su tavola, 184×176 cm, Roma, Galleria Borghese
- Nella parte superiore (la cimasa) l’ Eterno e angeli (attr. Domenico Alfani), olio su tavola, 64,5×72 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
- La predella inferiore con le Virtù della Fede, della Carità e della Speranza Roma, Pinacoteca vaticana
- Un fregio con Putti e grifi, tempera su tavola, 21×37 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
Fino al 1608 la pala della Deposizione (quella che stiamo vedendo) rimase nella chiesa, per essere segretamente portata a Roma con la compiacenza dei frati, su richiesta di Paolo V, il quale ne fece dono al nipote, il cardinale Scipione Borghese (da qui la conservazione nella Galleria omonima). Il cardinale Scipione Borghese l’aveva ammirata durante i suoi studi universitari nel capoluogo umbro. Le proteste dei perugini non servirono ad altro che ottenere due copie di buona fattura a mano del Cavalier d’Arpino e Giovanni Lanfranco.
La predella e le altre tavole della pala rimasero a Perugia.
Il destino, quasi come se volesse dare il benservito al Papa, fa in modo che il lavoro di Raffaello venga “confiscato” da Napoleone durante la sua campagna militare in Italia, il quale lo porta in Francia nel 1797, facendolo diventare parte effettiva della collezione del Louvre.
Nel 1815 Napoleone muore ed il quadro della deposizione di Cristo viene riportato in Italia, all’interno della Galleria Borghese nel 1815 mentre Pio VII decise di tenere il resto dei pezzi della pala nella Pinacoteca vaticana piuttosto che rimandarle nei luoghi di origine.
La cimasa, invece, con l’Eterno benedicente si conserva nella Galleria nazionale dell’Umbria, fedele a un disegno preparatorio del Sanzio, non è affine al suo stile e pertanto viene ritenuta opera di un aiuto del maestro.
Descrizione
Tutta la scena è caratterizzata da un’atmosfera particolarmente drammatica, come si può vedere nei minuziosi particolari di una delle Marie (Maria Vergine, Maria di Giacomo e Giovanni, Maria di Magdala e Maria di Cleofa) che sta spostando il velo di Maria, la madre di Gesù, che ha perso i sensi a causa del troppo dolore e cade svenuta. Le donne la sorreggono prontamente. La posizione della Vergine, però, è al limite del reale, troppo scomoda e contorta. La donna alla sinistra di Maria sembra che stia quasi per fermarsi dopo una rapida corsa diretta verso di lei.
Poi ci sono i gesti di Maria Maddalena, che incredula, stringe, disperata, le ginocchia di Cristo. Piuttosto che rappresentare una situazione riflessiva e particolarmente statica (tipo quelle del Perugino, per intenderci), il giovane artista, questa volta vuole dar vita ad un disegno molto più attivo, con tanti i personaggi in movimento. Per realizzare un’immagine quanto più reale possibile, forse Raffaello ha utilizzato come modelli degli uomini che stavano davvero trasportando un corpo, così da poter guardare i particolari dei muscoli e dei corpi degli uomini intenti nel lavoro.
Raffaello vuole che nel suo lavoro siano l’azione ed il dinamismo ad essere i padroni indiscussi.
Gli uomini che portano Cristo si stanno dirigendo a sinistra verso la grotta. Guardiamo bene a sinistra, ci sono anche i gradini su cui camminano i portatori e la divisione tra uomini e donne è nettissima (questa divisione è fatta anche per mostrare le varie reazioni davanti alla morte di Gesù).
Per rendere ancora più realistica tutta la scena, Raffaello fa in modo che i portatori del corpo di Cristo si servano unicamente di un pezzetto di lino, (si tratta di un particolare che simboleggia l’umiltà della figura di Cristo).
Guardiamo con attenzione il giovane ragazzo che sta sollevando Cristo dalle gambe e facciamo un passo indietro: i lineamenti del volto di questa figura sono molto simili a quelli di Grifonetto; così Raffaello ha rispettato la volontà di Atalanta, la quale voleva un’opera che commemorasse la memoria di suo figlio ucciso.
Poco sopra il corpo di Cristo ci sono tre figure che sono (da sinistra a destra): San Giovanni, Nicodemo e Maria Maddalena; Cosa o chi sta guardando Nicodemo con la coda dell’occhio? Non lo sappiamo…
E ci spostiamo sul paesaggio sullo sfondo… è la Gerusalemme: a destra il Golgota, ci sono le tre croci e 2 soldati romani che paiono commentare l’accaduto della crocifissione. All’estrema sinistra il sepolcro.
Ai condannati crocifissi veniva negata la sepoltura (i corpi venivano gettati in fosse).
Il sepolcro era di proprietà di Giuseppe d’Arimatea (vangelo di Matteo 27,57-66). Ponzio Pilato lo autorizza alla sepoltura. Il dipinto è la sacralizzazione di questa concessione.
Raffaello guardò a Michelangelo…La bozza del braccio di Cristo ci rimanda alla Pietà Vaticana che Michelangelo aveva scolpito sul finire del 1400.
La Deposizione Borghese, oltre a diventare un capolavoro mondiale, ha influenzato altri grandi artisti futuri, pensiamo al dipinto “La morte di Marat” di Jacques-Louis David realizzata nel 1793.
Nei disegni realizzati ed elaborati più e più volte da Raffaello per la Pala Baglioni, l’artista iniziò dallo studio scheletrico-anatomico delle figure (le realizza partendo da una sorta di radiografia finalizzata alla resa di scrupolosi dettagli).
Raffaello si serve di ogni genere di tonalità, spaziando dal rosso, passando per l’azzurro fino al giungere al giallo ed il verde; sono tutti colori che mettono in risalto l’incarnato della pelle dei vari protagonisti, lo si vede soprattutto nell’ eccezionale contrasto tra la mano “viva” della Maddalena e quella pallida e spenta di Cristo.
L’opera è firmata Rafael Urbinas 1507 (l’anno dopo sarebbe giunto a Roma), Raffaello ha tenuto per tutta la sua carriera ad apporre la propria firma non come Raffaello Sanzio, ma come Raffallo Urbino a sottolineare l’importanza che per lui rappresentava la scuola rinascimentale urbinate.
Ed ora il divino messaggio si manifesta… Guardiamo in basso a sx. La firma di Raffaello è vicina a un fiore particolare: il soffione. È quel fiore che i bambini soffiano esprimendo un desiderio. La tradizione vuole che i petali voleranno e laddove almeno uno si poserà, nascerà il desiderio espresso (metaforicamente la nuova vita); è una delle simbologie più delicate dell’aldilà. Il corpo di Cristo è trasportato verso il sepolcro. È da lì che nascerà la Nuova Vita, l’Eternità dell’esistenza e dello Spirito.
Ascolta l’audio sul canale YOU TUBE https://www.youtube.com/watch?v=W11CJJiHgqU&t=15s
1 Comment
A proposito della copia de “Il Trasporto di Cristo al Sepolcro” commissionata al pittore Lanfranco, non più ritrovata e a dire di qualche storico dell’arte probabilmente mai realizzata, desidererei segnalare una copia secentesca di questo dipinto, conservata nella chiesa di San Francesco di Cannara, paese dell’Umbria non distante da Assisi, per secoli dominato dalla famiglia Baglioni. Nel caso mi segnali un suo indirizzo mail così che possa inviarle foto e notizie.
Cordialità. Mario Scaloni – Cannara (PG)