Claude Monet, La gazza, 1868-1869; 89 x 130 cm, Musée d’Orsay, Parigi
La neve domina in ogni angolo di questo paesaggio, ma c’è qualcosa che stona. Proprio lì, su quel piccolo cancelletto di legno: c’è la gazza Monet. Mentre un timido e debole sole invernale cerca di emerge tra le nuvole, il suo calore prova a diffondersi su tutto l’ambiente come meglio può. Per via della luce del sole, ci sono delle ombre proiettate qui e là, di cui la più importante è quella del muretto accanto al cancello e che si riflette su tutto il paesaggio ritratto da Monet neve. Ma hai notato che non c’è nemmeno una persona in questa tela? Sembra di essere in un villaggio fantasma, ma non preoccuparti: non si tratta di un errore. Eliminando ulteriori protagonisti nell’opera, la nostra attenzione non può fare altro che ricadere sull’uccello nero appollaiato sul cancelletto in legno. Molti dei dipinti di Monet sono caratterizzati dalla variazione della luce su una determinata scena nel corso del tempo (e su come cambia il paesaggio con lo scorrere della giornata), ma in questo lavoro c’è qualcosa in più.
Già. Il lavoro di Monet mostra una notevole attenzione sulle ombre colorate.
Le ombre colorate? Si.
Guarda con attenzione tela: i colori che prevalgono sono il blu ed il giallo, ovvero due colori primari (ed anche complementari).
L’illuminante calore del sole è reso con l’utilizzo di un giallo molto freddo, e l’ombra riflessa sulla neve è bluastra, quasi viola.
Le “ombre colorate” che ho citato prima, non sono state “inventate” da Monet, né tantomeno sono presenti soltanto nelle sue opere; molti altri pittori impressionisti hanno tentato di padroneggiare questa tecnica al meglio, cercando di distaccarsi dalla tradizionale resa dell’ombra, caratterizzata unicamente da un tono scuro.
Ma allora chi ha parlato per la prima volta di queste ombre colorate?
Nel XIX secolo nasce la “teoria dei colori” (da cui si sviluppa anche questa teoria delle ombre colorate), ipotizzata dallo scienziato tedesco Johann Wolfgang von Goethe.
Si tratta di un lavoro molto interessante e che ha avuto innumerevoli giudizi positivi da artisti di tutta Europa: in Francia Monet è uno dei sostenitori più celebri, mentre in Inghilterra c’è l’artista William Turner, il quale ha realizzato appositamente una tela intitolata Luce e colore in onore degli studi del tedesco.
Ma il lavoro di Monet non è fatto soltanto dalle “ombre colorate”; guarda il resto della scena di Monet gazza: la neve è estremamente realistica e naturale, e dietro le fronde degli alberi innevati sulla destra, si intravede un piccolo gruppo di case in legno. Il pittore utilizza il colore marrone per questi edifici: si tratta dell’unico tono “caldo” che risalta in tutta la composizione, dominato da tonalità invernali.
La freschezza della pittura impressionista recò refrigerio a gente avvezza alle serre calde e sterili dell’art pompier. Fu a partire da Monet, infatti, che l’arte iniziò a rifuggire dall’artificiosità degli atelier e dei temi storici e mitologici, preferendo piuttosto captare l’azione dei raggi luminosi sulla materia, riproducendone sulla tela, con l’uso del colore applicato per mezzo di rapidi tocchi virgolati, il brulicante scintillio. Di questa irrefrenabile raccolta di energie e frasi luminose della natura operata da Monet La gazza – olio su tela realizzato nel 1868-1869 en plein air, davanti al soggetto naturale, all’aria aperta – costituisce certamente uno dei primissimi esempi.
L’opera, malgrado la popolarità di cui gode oggi, quando fu inviata per il Salon del 1869 fu rifiutata dai giurati, turbati da delle tonalità così chiare e luminose, del tutto dissimili dai toni bui promossi dalle codificazioni accademiche: “Il pubblico che aveva fatto la bocca ai pastelli dai colori bituminosi preparati dai capocuochi delle scuole e delle accademie, era disgustato da questo tipo di pittura chiara” scrisse, sdegnato, il critico Félix Fénéon.
Dal 1986 La gazza è esposta presso il Museo d’Orsay di Parigi.
Foto:
https://it.wikipedia.org/wiki/La_gazza