Giovanni Antonio de’ Sacchis fu un abile e richiesto frescante del periodo più prolifico dell’arte e un eccellente cultore affascinato dalla nuova Maniera.
Il Giovanni ebbe il merito di far giungere in terra friulana quelle tendenze di stile che avrebbero condotto la pittura, grazie anche alla conoscenza michelangiolesca, a divenire dinamismo. Ha inizio così una nuova maniera e tutto si muove…
Giovanni Antonio de’ Sacchis nacque a Pordenone da Angelo di Bartolomeo, muratore, e da Maddalena. Di origini lombarde, la famiglia si trasferì ben presto in Friuli per sviluppare attività commerciali e imprenditoriali. Del fratello Baldassare si narrano, tra storie e documenti, episodi di disaccordo legati per lo più a screzi e deducibili rivalità. Sposò tre donne: Anastasia, Elisabetta e una Dal Pozzo (per lungo tempo quest’ultima è stata ritenuta originaria di Piacenza, quasi che la città avesse inteso donargli moglie pur di legarlo alla terra piacentina). Dall’ultima moglie ebbe cinque figli e degne di nota furono le nozze che la figlia Graziosa compì con Pomponio Amalteo, aiutante di bottega. Il Giovanni morì a Ferrara, in condizioni che si contornano di perplessità tra una causa fortuita ed improvvisa ed un tentativo di avvalenamento da ricondurre al “rivale” Tiziano che, con quasi probabilità leggendaria, si adoperò per porre fine all’esistenza di un concorrente troppo pericoloso.
Eh sì perché il Pordenone e il Tiziano avevano in diverse occasioni collaborato insieme, dapprima un rapporto di stima, ma poi con leggendaria probabilità qualcosa mutò. Nel 1520 il canonico Brocardo Malchiostro affidò alla coppia Tiziano-Pordenone la decorazione della cappella omonima nel Duomo di San Nicolò a Treviso: l’Annunciazione a cura del Tiziano, la volta con Padre Eterno fra angeli, la Visitazione, l’Adorazione dei Magi, Il sogno di Augusto, S. Pietro, S. Paolo e S. Liberale, da collocarsi alle pareti, a cura del de’ Sacchis.
A Venezia, tra il 1528-1530, poi, nella chiesa di San Giovanni Elemosinario, il cadorino realizza la pala d’altare del santo elemosiniere mentre al pordenonese viene affidata l’esecuzione di una pala con S. Caterina d’Alessandria, S. Rocco e S. Sebastiano e per la medesima chiesa il Giovanni non va via senza aver dato saggio della sua capacità di frescante nella volta della cupola con un coronamento di Eterno benedicente e angeli (attribuzione spesso discussa tra critica e restauri). E poi ancora, negli stessi anni, il Tiziano si aggiudica l’esecuzione definitiva della tela di S. Pietro martire per la basilica dei SS. Giovanni e Paolo (opera persa nel corso dell’incendio che coinvolse la basilica nel 1867). E poi a S. Rocco, nella chiesa del santo, dove il Pordenone si trova ad eseguire, questa volta in esclusiva, la decorazione delle portelle d’organo con S. Martino e S. Cristoforo e l’illusionistico affresco della cappella absidale con putti che si affacciano tra colonne e la volta di Eterno ed angeli (quest’ultima, nel Settecento, cancellata dai sovrastanti rifacimenti a cura del Giuseppe Angeli).
Ma tra le committenze private al Castello di Collalto, per la cui cappella realizza un’Adorazione dei magi (opera perduta), il Pordenone porta a termine anche le esecuzioni nel Duomo di Pordenone tra affreschi della Madonna con Bambino (1506), S. Erasmo (1512-14), S. Rocco (1515-18), Pala della Misericordia (1515-16) e portelle del fonte battesimale (1534) (le originali oggi conservate nel Museo Civico della città). Incompiuta, per il medesimo luogo e negli ultimi anni di vita, resta la pala d’altare con S. Marco che consacra Ermacora vescovo di Aquileia circondato dall’arcidiacono Fortunato e dai SS. Giovanni Battista, Sebastiano, Girolamo e Giorgio (1533-1535).
E affreschi per Valeriano (1524) (S. Valeriano, Giovannni Battista, S. Stefano, Adorazione dei magi, Ecce Homo, S. Cristoforo, Nativtà con i SS. Antonio e Floriano, Fuga in Egitto), e poi per Pinzano e S. Martino al Tagliamento, Spilimbergo, Valvasone, Travesio…. ai quali vanno aggiunti i dipinti per il castello di Torre, la pala di S. Gottardo per la chiesa dei Cappuccini e le numerose (in gran parte perdute e solo documentate) decorazioni dei palazzi siti nei pressi dell’ormai scomparsa porta “Furlana” della città di Pordenone.
E se la città non seppe, negli anni che furono, dar merito e lustro a co’ tanta abilità, ci pensarono Alviano, Genova, Piacenza, Cremona e l’Ungheria a rendere noto il frescante de’Sacchis. Al riguardo, nel 1535, la nobiltà d’Ungheria lo corona “Regillo” in considerazione dei suoi meriti e l’ordine della chiesa di S. Maria Assunta di Cremona gli commissiona Storie della Passione di Cristo (1522); tra il 1530 e il 1535 segue la committenza di Piacenza nella basilica di Santa Maria di Campagna che gli affida l’esecuzione decorativa della cappella dei Magi, della cappella di S. Caterina d’Alessandria e della volta della cupola. Per questa committenza tra un Eterno benedicente e angeli, sibille, profeti e storie mitologiche, il Pordenone riceve plausi.
E poi Venezia chiama…mentre il de’Sacchis è impegnato nel progetto decorativo della cupola di Piacenza, il Consiglio dei Dieci invia una lettera al goernatore di Piacenza chiedendo autorizzazione per il rientro del pittore al fine di adempiere all’esecuzione del soffitto della Libreria di Palazzo Ducale. Abile e capace, si racconta che dinanzi all’ennesima esecuzione, il governo della Serenessima annullò addirittura il vitalizio del quale godeva il Tiziano (che con probabilità lo stesso non gradì e come dargli torto ad oggi!).
Al copiscuo elenco si uniscono i lavori a Cortemaggiore…affreschi per la Cappella familiare Pallavicino ed una Deposizione ad olio su tela nella chiesa dell’Annunziata. E poi, ad oggi, nella medesima città, giungi nella Basilica di S. Maria delle Grazie e S. Lorenzo e ritrovi una Pietà, ricollocata nella cappella laterale a destra dell’abside, che per lungo tempo è stata arrotolata e dimenticata in quanto non riconosciuta come opera del Pordenone.
Giovanni Antonio de’ Sacchis. Il Pordenone, Regillo, Corticelle, Licinio. Con questi nomi soleva talvolta firmarsi, con questi nomi lo chiamavano al di là del Friuli. Che fosse il nobile Regillo, il pittore Corticelle perché da Corticelle Pieve – provincia di Brescia- proveniva la sua famiglia, o il Licinio con il quale il Vasari lo fuse considerando lui e il Licinio un’unica persona anziché pittori di bottega ben distinti (forse Bernardino Licinio e suo fratello Arrigo collaborarono nella bottega del de’Sacchis), ciò che conta è che le opere del pordenonese furono molteplici, la sua abilità riconosciuta le sue committenze varie.
Il repertorio delle esecuzioni non si esaurisce in questo articolo che auspica di contribuire a rendere onore e riconoscimento al manierista frescante del Friuli che conobbe credito e fortuna nel suo tempo seppur all’ombra di una Venezia del Cinquecento sovraccarica di talenti. Giorgione, Tiziano, Lotto, Palma il Giovane per citarne solo alcuni. Come avrebbero potuto affermarsi di elogi tutti indistintamente e contemporaneamente?
Ed oggi non ci resta che ripercorrere e mettere insieme i pezzi di una storia. Riceviamo la cospicua eredità di poter ammirare le sue opere nei luoghi per i quali le stesse furono commissionate. Rendere storia e memoria al Giovanni Antonio de’ Sacchis è un compito che dobbiamo ritrovare solo noi contemporanei perché al suo tempo fama e gloria di frescante fu a molti chiaramente nota!
Fonte immagine: albertomagri.it
Alberto Magri, Il Pordenone, schizzo, elaborazione digitale, 84×64cm, 2017